Aga Hruska, dentista di papi, sovrani, gerarchi e divi. La Gazzetta di Porto Rotondo, giugno 2000
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Aga Hruska. La Gazzetta di Porto Rotondo, giugno 2000 orig
Aga Hruska e suo fratello gemello Kurt, scomparso qualche anno fa, sono stati i dentisti di fiducia di papi, sovrani, gerarchi e degli attori americani più famosi. Hanno seguito la tradizione di famiglia e gli insegnamenti del padre Arturo, invitato alla corte imperiale russa per curare i denti dello zar e della zarina. Aga Hruska oggi ha 93 anni, e da quattro sta lavorando alla sua biografia. L’opera sarà pubblicata in Italia il prossimo autunno e si preannuncia ricca di testimonianze su fatti storici e personaggi, vissuti e visti, molto da vicino, da un uomo di scienza e di cultura che si definisce: laico, libero pensatore e naturalista.
La carriera di Aga Hruska ebbe un inizio straordinario e casuale al tempo stesso…
R: “Era il Ferragosto del 1932. Per un caso mi trovavo da solo a Milano, nello studio di mio padre. Risposi al telefono che squillava. Dall’altra parte del filo una persona, a me sconosciuta, si qualificò come il conte Chirico, medico ufficiale dei Savoia. Mi disse che si trattava di un caso serio e molto importante in quanto Sua Altezza la principessa Iolanda, primogenita del Re e moglie del conte Calvi di Bergolo soffriva, ormai da più di un mese, di una nevralgia del trigemino che le impediva dormire. Il fatto era grave poiché la principessa era al sesto mese di gravidanza. Avevano consultato molti medici illustri ma nessuno era riuscito a fare una diagnosi. A quel, punto lo interruppi per dirgli: “Vede, conte, io capisco la vostra preoccupazione, ma voi cercate mio padre che si trova per a Berlino per un congresso. Non posso
rintracciarlo, però se volete, vengo io”.
Lui acconsentì, allora misi gli strumenti in valigia e presi il treno per Cuneo. Alla stazione trovai un’auto Casa Reale che mi portò allo Chalet di caccia di Sant’Anna dove i Savoia trascorrevano quel Ferragosto. un Era un villino prefabbricato, piuttosto modesto, ma in un luogo molto ameno.
L’incontro con il conte Chirico e il conte Calvi di Bergolo fu imbarazzante perché io avevo l’aspetto di un ragazzino, malgrado fossi già laureato. Sentì, anche, un loro preoccupato commento sulla mia giovane età. Mi fecero entrare nello chalet dove c’era una sedia da barbiere Ricordo che faceva molto caldo, mi levai la giacca e, mentre mi lavavo le mani, entrò la Principessa Iolanda che mi sorrise. La feci accomodare per la visita e individuai subito la causa della sua sofferenza: un’infezione partita da un’otturazione di porcellana sintetica. Il resto della dentatura era perfetta perché tutti i Savoia avevano denti magnifici ereditati dai montenegrini. Con il mio intervento riuscii a liberarla immediatamente dal dolore. La principessa e suo marito mi abbracciarono e, da quel momento, curai tutti i membri della casa reale: a Villa Savoia come a San Rossore, Moncalieri e Napoli. Non venni mai pagato, mi offrirono titoli onorifici, ma io li rifiutai. Nel 1937 ho aperto a Roma lo studio Aga Hruska. Ho avuto subito un notevole afflusso di personaggi importanti ma la mia prima moglie preferiva vivere a Milano piuttosto che a Roma. Quindi, per mantenere la pace in famiglia, sono ritornato a Milano e ho fatto arrivare allo studio di Roma il mio gemello Kurt. Eravamo talmente uguali che la clientela non si
accorgeva che al mio posto c’era lui”.
Aga e Kurt Hruska, dentisti protestanti, avete curato Papa Pacelli e Papa Giovanni. Quali ricordi ha di esperienze così straordinarie?
R: “Abbiamo servito Papa Pio XII per 35 anni e Papa Giovanni XXIII fino alla sua morte. Eravamo protestanti e Papa Pacelli lo sapeva. Ci dava notizie sulla salute del capo della chiesa evangelica, prigioniero dei nazisti in un campo di concentramento per essersi opposto alla soluzione ebraica. Papa Pacelli era l’uomo più
intelligente che io abbia mai conosciuto e la persona che ho stimato di più nella mia vita. Papa Giovanni XXIII era gioviale, amava conversare con qualcuno che non facesse parte del Vaticano, era curioso e voleva sapere cosa succedeva fuori. Aveva preso molto a cuore la causa di beatificazione di un nostro antenato, che era stato arciprete a Tirano, vicino a Sondrio. Durante la guerra religiosa tra calvinisti e cattolici, si era rifiutato di abiurare la sua fede e, per questo, venne squarciato dai calvinistì svizzeri. Così tutte le volte che noi andavamo da Papa Giovanni, lui ci dava notizie sull’andamento del processo di beatificazione del nostro antenato arciprete”.
Tra i vostri pazienti c’erano anche i gerarchi fascisti?
R: “Si, tutto il Gran Consiglio. Anzi, i membri del Gran Consiglio usavano il nostro studio, a nostra insaputa, come punto d’incontro per tramare e organizzare il complotto contro Mussolini. Utilizzavano persino il nostro telefono, i vari protagonisti della congiura: il conte Acquarone, il Maresciallo Badoglio, Ciano,
Pavolini, Grandi, il Generale Marrafa, capo della Polizia Africa Italiana
e il suo aiutante Colonnello Galli. Galeazzo Ciano diceva che Mussolini era un pazzo e informò me e mio fratello sul suo antagonismo nei confronti del Duce, con queste parole: “Se lui lascia fare ai tedeschi scoppia un’altra guerra mondiale”.
Come ricorda invece la sua esperienza americana, con i divi del cinema?
R: “Nel 1934 mi recai a Hollywood dove, per caso, incontrai il famoso regista Lubitsch che avevo conosciuto a Berlino. Mi ha convinto a fare il dentista per la Paramount dicendomi che, secondo lui, nessun professionista locale era all’altezza e avevano tanto bisogno di me. Logicamente accettai dato che, per contratto, tutti gli attori dovevano farsi controllare e curare la bocca da me. Quindi posso dire di aver conosciuto tutti gli attori e i registi della Paramount: Clark Gable, Gary Cooper, Greta Garbo, Marlene Dietrich, Joan Crawford, Montgomery Clift, Billy Wilder e tanti altri. Sono diventato anche amico di molti attori e, in particolare, di Gary Cooper e della sua famiglia. Greta Garbo venne da me quando doveva girare “Ninotchka”.
Bisognava cambiarle la fisionomia intervenendo sugli incisivi centrali ma la sua dentatura era talmente perfetta che mi rifiutai di limarli, risolsi il problema
applicando due faccette di porcellana”.
Lei e sua moglie Gughi siete stati tra i pionieri di Porto Rotondo. Può ripercorrere per la ” Gazzetta ” la storia del vostro approdo sulla spiaggia conosciuta oggi come la Hruska? “
R. ” Io conosco la Sardegna sin dal 1938. Ci venivo per fare pesca subacquea in un’isola che mi ha sempre interessato moltissimo, come ambiente e come gente. Il popolo sardo non ha niente da spartire con il popolo italiano. È un popolo a
sé, molto fiero e di rispetto. Nel 1962 portai in Sardegna mia moglie Gughi; la prima tappa fu a sud, vicino Cagliari poi salimmo verso nord, attraversando in auto, tutta l’isola. Quando mia moglie vide la Costa Smeralda disse: ” Aga, tu hai sempre guardato sott’acqua, ma non vedi quanta bellezza intorno a te? Da qui non vado via se non compri un pezzo di terra. “. Così ho comprato due lotti a Romazzino, ma sono venuto a sapere che, nelle vicinanze, progettavano la costruzione di un albergo. Io, però, volevo stare in mezzo alla natura, non alla gente. Per questo, abbiamo rinunciato a quel terreno e, attraverso i fratelli Donà dalle Rose abbiamo conosciuto il posto, che allora doveva ancora nascere e oggi si chiama Porto Rotondo. Lo abbiamo girato in lungo e in largo per scegliere un pezzo di terra dove costruire la nostra casa. Dato che eravamo i primi in assoluto avevamo la possibilità di scegliere e abbiamo acquistato il terreno dei nostri sogni, una parte di paradiso. All’inizio avevamo paura, così soli e isolati. Tenevamo in casa una pistola laser che avevo acquistato in America, tramite Frank Sinatra. Il suo raggio tramortiva per venti minuti e l’avevo sperimentata sui tori “.
Marella Giovannelli per la Gazzetta di Porto Rotondo. Giugno 2000